LA CONSULENZA
Si tratta di una consulenza psicologica specifica per medici e altri operatori, focalizzata sul disagio derivante dall'attività professionale del sanitario nel suo ruolo di curante.
Si contraddistingue per il “focus” centrato sulle difficoltà legate all’attività clinica e per la brevità dell’intervento.
Gli obiettivi principali riguardano, in genere, l’individuazione di strategie efficaci per la gestione del disagio, migliorando il “coping”, la resilienza, la percezione di auto-efficacia, la qualità della vita lavorativa e riducendo il “distress”.
L’intervento può essere centrato su un particolare caso o su una modalità generale di reazione a determinate situazioni.
Non si tratta di insegnare qualcosa al sanitario ma di aiutarlo ad attingere al proprio patrimonio di competenze per stare con minore disagio in situazioni difficili.
LE TEMATICHE PIU' FREQUENTI
La consulenza può riguardardare aspetti strettamente legati al lavoro clinico: come gestire il rapporto con un particolare paziente o con i suoi familiari (comunicazione di una diagnosi, colloqui pre-operatori, consenso informato, compliance al trattamento, adattamento alle conseguenze di una malattia invalidante, ecc.), come affrontare difficoltà organizzative e/o relazionali con colleghi e superiori, come gestire le emozioni durante la propria attività (il contatto con la sofferenza e la morte, la responsabilità e la solitudine nel prendere decisioni difficili, il confronto con i problemi organizzativi, il peso della burocrazia, lo stress derivante da alterazioni del ritmo sonno veglia, turni prolungati, ritmi di lavoro serrati e così via). Oppure può essere legata al modo in cui lo stress lavorativo si ripercuote sulla vita personale: l’incapacità di "staccare", la contaminazione del lavoro negli spazi privati, la difficoltà a porre dei limiti a pazienti e colleghi, la stanchezza o il bisogno di “scaricarsi” una volta usciti dall’ospedale, la mancanza di tempo per la vita affettiva e sociale, l’indecisione e la disorganizzazione che coglie spesso chi sul lavoro invece, paradossalmente, deve essere particolarmente veloce e attento, la sottovalutazione o la preoccupazione eccessiva per lo stato di salute dei congiunti, la gestione delle richieste improprie dei conoscenti, la difficoltà a spiegare i propri stati d’animo ai propri cari, ecc.
DA DOVE NASCE LA CONSULENZA PSICOLOGICA AI CLINICI
L' intervento di consulenza ai sanitari nasce da una lacuna riscontrata in anni di esperienza in vari reparti ospedalieri: nonostante sia assolutamente chiaro come le professioni sanitarie espongano ad uno stress negativo prolungato e logorante, sembra che il disagio sia misconosciuto e non possa trovare uno spazio per essere affrontato. La ragione sembra risiedere certamente in aspetti organizzativi ma spesso anche dal mancato riconoscimento di questa difficoltà da parte dei diretti interessati. Una dimostrazione del mancato riconoscimento del problema sta nel fatto che la maggior parte delle richieste di aiuto pervengano in situazioni informali e quasi mai siano espresse in modo esplicito. Il fatto che le tematiche riferite dai sanitari operanti in diversi contesti siano spesso le medesime dimostra quanto il disagio sia diffuso, come interferisca sulla qualità della prestazione professionale ma soprattutto sul benessere personale.
Talvolta la consulenza viene richiesta dai familiari, spesso i partner, anch’essi coinvolti nella sofferenza e generalmente più consapevoli del problema.
I sistemi tradizionali utilizzati per affrontare queste difficoltà non sempre si dimostrano efficaci perché troppo teorici e sganciati dal concreto o perché troppo didattici o perché gestiti da chi non possiede una reale conoscenza del contesto o perché imposti e dunque mal tollerati.
PERCHE' INTERVENIRE
Se eliminare le pressioni ambientali (comprese quelle lavorative) non è possibile, sappiamo che l’effetto negativo che queste hanno sul benessere fisico e psichico dipende soprattutto dal modo in cui il singolo le metabolizza. Le professioni mediche, per loro natura, non potranno mai essere esercitate in assenza di stress. Del resto alcuni aspetti stressanti rientrano forse anche nella motivazione che spinge a scegliere di intraprendere una professione o nella fascinazione dell’esercitare un determinato ruolo. Quel che non va bene è il fatto che questi elementi di stress vengano ignorati sino a quando non si trasformino in un problema di altro genere (un burn-out conclamato, una perdita di motivazione, una malattia, un trasferimento, una separazione o altro). La sofferenza non dovrebbe essere considerata come un inevitabile danno collaterale della professione sanitaria, soprattutto tra quegli operatori che sono più motivati, più responsabili e più coinvolti nel rapporto con i loro pazienti. E' possibile, anzi auspicabile, essere dei buoni sanitari senza perdere troppo in termini di benessere e serenità.
Si tratta di una consulenza psicologica specifica per medici e altri operatori, focalizzata sul disagio derivante dall'attività professionale del sanitario nel suo ruolo di curante.
Si contraddistingue per il “focus” centrato sulle difficoltà legate all’attività clinica e per la brevità dell’intervento.
Gli obiettivi principali riguardano, in genere, l’individuazione di strategie efficaci per la gestione del disagio, migliorando il “coping”, la resilienza, la percezione di auto-efficacia, la qualità della vita lavorativa e riducendo il “distress”.
L’intervento può essere centrato su un particolare caso o su una modalità generale di reazione a determinate situazioni.
Non si tratta di insegnare qualcosa al sanitario ma di aiutarlo ad attingere al proprio patrimonio di competenze per stare con minore disagio in situazioni difficili.
LE TEMATICHE PIU' FREQUENTI
La consulenza può riguardardare aspetti strettamente legati al lavoro clinico: come gestire il rapporto con un particolare paziente o con i suoi familiari (comunicazione di una diagnosi, colloqui pre-operatori, consenso informato, compliance al trattamento, adattamento alle conseguenze di una malattia invalidante, ecc.), come affrontare difficoltà organizzative e/o relazionali con colleghi e superiori, come gestire le emozioni durante la propria attività (il contatto con la sofferenza e la morte, la responsabilità e la solitudine nel prendere decisioni difficili, il confronto con i problemi organizzativi, il peso della burocrazia, lo stress derivante da alterazioni del ritmo sonno veglia, turni prolungati, ritmi di lavoro serrati e così via). Oppure può essere legata al modo in cui lo stress lavorativo si ripercuote sulla vita personale: l’incapacità di "staccare", la contaminazione del lavoro negli spazi privati, la difficoltà a porre dei limiti a pazienti e colleghi, la stanchezza o il bisogno di “scaricarsi” una volta usciti dall’ospedale, la mancanza di tempo per la vita affettiva e sociale, l’indecisione e la disorganizzazione che coglie spesso chi sul lavoro invece, paradossalmente, deve essere particolarmente veloce e attento, la sottovalutazione o la preoccupazione eccessiva per lo stato di salute dei congiunti, la gestione delle richieste improprie dei conoscenti, la difficoltà a spiegare i propri stati d’animo ai propri cari, ecc.
DA DOVE NASCE LA CONSULENZA PSICOLOGICA AI CLINICI
L' intervento di consulenza ai sanitari nasce da una lacuna riscontrata in anni di esperienza in vari reparti ospedalieri: nonostante sia assolutamente chiaro come le professioni sanitarie espongano ad uno stress negativo prolungato e logorante, sembra che il disagio sia misconosciuto e non possa trovare uno spazio per essere affrontato. La ragione sembra risiedere certamente in aspetti organizzativi ma spesso anche dal mancato riconoscimento di questa difficoltà da parte dei diretti interessati. Una dimostrazione del mancato riconoscimento del problema sta nel fatto che la maggior parte delle richieste di aiuto pervengano in situazioni informali e quasi mai siano espresse in modo esplicito. Il fatto che le tematiche riferite dai sanitari operanti in diversi contesti siano spesso le medesime dimostra quanto il disagio sia diffuso, come interferisca sulla qualità della prestazione professionale ma soprattutto sul benessere personale.
Talvolta la consulenza viene richiesta dai familiari, spesso i partner, anch’essi coinvolti nella sofferenza e generalmente più consapevoli del problema.
I sistemi tradizionali utilizzati per affrontare queste difficoltà non sempre si dimostrano efficaci perché troppo teorici e sganciati dal concreto o perché troppo didattici o perché gestiti da chi non possiede una reale conoscenza del contesto o perché imposti e dunque mal tollerati.
PERCHE' INTERVENIRE
Se eliminare le pressioni ambientali (comprese quelle lavorative) non è possibile, sappiamo che l’effetto negativo che queste hanno sul benessere fisico e psichico dipende soprattutto dal modo in cui il singolo le metabolizza. Le professioni mediche, per loro natura, non potranno mai essere esercitate in assenza di stress. Del resto alcuni aspetti stressanti rientrano forse anche nella motivazione che spinge a scegliere di intraprendere una professione o nella fascinazione dell’esercitare un determinato ruolo. Quel che non va bene è il fatto che questi elementi di stress vengano ignorati sino a quando non si trasformino in un problema di altro genere (un burn-out conclamato, una perdita di motivazione, una malattia, un trasferimento, una separazione o altro). La sofferenza non dovrebbe essere considerata come un inevitabile danno collaterale della professione sanitaria, soprattutto tra quegli operatori che sono più motivati, più responsabili e più coinvolti nel rapporto con i loro pazienti. E' possibile, anzi auspicabile, essere dei buoni sanitari senza perdere troppo in termini di benessere e serenità.